Nicolás Maduro è ormai nel mirino delle democrazie continentali. Stando a fonti della presidenza della nazione e del ministero degli esteri di Buenos Aires, il governo argentino sta seriamente valutando di denunciare il regime di Caracas alla Corte penale internazionale. Violazione dei diritti umani e reati accertati di lesa umanità i ‘capi di imputazione’ contro un gruppo di potere che ha portato il Paese caraibico a un punto di non ritorno sociale, economico e politico. La mossa argentina è anche politica, volendo intestarsi una sorta di ‘operazione democrazia’ a livello sudamericano portando la bandiera anti Maduro. È dall’insediamento di Macri che, comprensibilmente, Buenos Aires ha rivisto le sue alleanze continentali, allontanandosi dal vecchio gruppo di ispirazione riformista, nel caso del Venezuela degenerato in assolutismo.

 Jorge Faurie, ministro degli Esteri argentino

La decisione argentina arriva dopo la presentazione dei risultati di una apposita indagine dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati americani, e dopo che anche il parlamento europeo ha ufficializzato azioni concrete a sostegno della Corte finalizzate all’accertamento di crimini del governo Maduro contro la popolazione venezuelana (testo completo della Proposta di risoluzione comune del 4 luglio). E, inoltre, di qui l’evidenza del tratto essenzialmente politico regionale, permette di superare le difficoltà dell’Osa, paralizzata dall’assenza di unanimità al suo interno per il veto dei governi non ostili a Maduro: Buenos Aires by passa gli schemi dell’organismo e accede direttamente all’Aia.


Al momento è in corso una indagine dei funzionari della Corte sul Venezuela, ma si tratta di un atto preliminare. Ma un caso concreto presso i ‘togati’ dell’Aia potrebbe aprirsi con la denuncia formale di uno Stato che, dunque, potrebbe essere proprio l’Argentina chiedendo che la Corte indaghi formalmente sul regime erede di Hugo Chávez. Il report dell’Osa e la pressione argentina potrebbero essere sufficienti, aggiungendosi a un rapporto che all’Aia è arrivato anche dall’Alto commissariato per i Diritti umani delle Nazioni unite.


L’esodo dei venezuelani verso la Colombia

Il documento dell’Osa è ‘consistente’, 400 pagine nelle quali – secondo l’argentino Santiago Canton, che con un canadese e un costaricano compone il panel di esperti indipendenti – “ci sono prove dei delitti di tortura, esecuzioni, persecuzione poitica e crisi umanitaria”. Distorsioni della democrazia e fatti accertati a partire almeno dal 12 febbraio del 2014. Nel corposo atto dell’Osa, tra gli altri, sono incluse 26 testimonianze dirette prese sotto dichiarazione giurata in cinque tribunali pubblici; decine di testimonianze da parte di vittime, famigliari di vittime; documenti dettagliati di denuncia da parte di diverse organizzazioni non governative del Paese caraibico e straniere.

Vengono altresì identificate 131 vittime di omicidio tra il 2014 e il 2017 per mano di appartenenti a forze di polizia e di sicurezza dello Stato e/o dai cosiddetti ‘colectivos’, bande di civili che fiancheggiano il governo ricorrendo alla violenza. Inoltre, sono documentate 8.292 azioni extragiudiali del potere pubblico operate dal 2015, più di 12mila detenzioni illegali e provvedimenti di privazione totale o parziale della libertà personale a partire dalle Presidenziali del 2013, 1.300 prigionieri politici, tra situazioni già risolte o ancora pendenti.

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