Sul Venezuela, l’Argentina conferma la linea dura contro il regime di Nicolás Maduro. C’è anche Buenos Aires, difatti, tra i tredici paesi del Gruppo di Lima che non riconoscono la legittimità del mandato dell’erede di Hugo Chávez, che inizierà il 10 gennaio. “Chiediamo a Nicolás Maduro di non assumere la presidenza e di rispettare le attribuzioni del parlamento trasferendo all’oragano legislativo i suoi poteri fino a nuove elezioni”: è la sintesi del ministro degli Esteri peruviano.

Il comunicato a conclusione del summit nella capitale peruviana è perentorio: “I governi di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Saint Lucia e Perù ratificano il loro pieno sostegno e il riconoscimento dell’Assemblea nazionale, eletti legittimamente il 6 dicembre 2015, come organo costituzionale eletto democraticamente in Venezuela”. A chiamarsi fuori solo il Messico, da poco guidato dal presidente di sinistra Manuel López Obrador, pur avendo partecipato alla riunione.

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La decisione del governo argentino era attesa e prevedibile, considerando che è tra i principali paesi del continente americano a chiedere iniziative contro il regime chavista, sebbene senza ricorrere all’uso della forza, contrariamente alla posizione di Donald Trump e Jair Bolsonaro. L’esecutivo di Mauricio Macri, difatti, intende evitare il rischio di tensioni interne al Venezuela che possano portare a una guerra civile.


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Dal canto suo, Maduro, attraverso il suo ministro degli Esteri, Jorge Arreaza, dichiara di non riconoscere le risultanze del Gruppo di Lima accusandolo di essere “influenzato da governi anti venezuelani” pronti a “ricevere ordini” dagli Stati Uniti.

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