Anche il resto del Sudamerica fa i conti con il fuoco che distrugge l’Amazzonia. Il disastro – sottovalutato dal governo brasiliano di Jair Bolsonaro – danneggia 40mila specie animali e vegetali, 350 comunità indigene.

È solo la prima stima a fiamme ancora accese nella loro massima potenza distruttiva. Ma è anche una seria minaccia per il ciclo naturale delle acque e delle piogge, futura causa di siccità dei fiumi della conca amazzonica e del Río de la Plata.

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Nella giornata di venerdì 23 agosto la colonna di fumo è avanzata verso i paesi vicini al Brasile, tra Bolivia, Paraguay, il nord dell’Argentina e l’Uruguay. Ed è addirittura attesa su Buenos Aires nell’imminente fine settimana. Gli esperti segnalano, tra le aree interessate, anche quella del Chaco.


“Gli incendi danneggiano la foresta che ha la funzione di regolare il ciclo di ossigeno e acqua, dal quale dipende tutto”, spiega Carolina Gil interrogata dalla testa argentina Infobae.

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In estrema sintesi, il vapore delle acque che evaporano dall’Amazzonia si sposta verso la cordigliera delle Ande per poi scendere fino al Río de la Plata. Come aggiunge Manuel Jaramillo, direttore di Vida Silvestre Argentina, il sistema amazzonico, nel suo complesso, apporta tra il 17 e il 21 per cento dell’acqua dolce del pianeta, fornendo 225mila metri cubi di acqua dolce al secondo all’Oceano Atlantico.


Ghiacciai ed ecosistemi di brughiera si nutrono delle acque dell’Amazzonia, ciclo già in crisi per effetto del surriscaldamento globale. Pregiudicando un’altra fonte di accelera lo scioglimento e si altera l’intero ciclo delle acque. Con l’ulteriore conseguenza che città come Buenos Aires e San Paolo possono giungere a condizioni di scarsità di risorse idriche per via della diminuzione della portata dei corsi d’acqua di medie e grandi dimensioni.

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