Anche la notte tra le vittime della pandemia e delle restrizioni che, in Argentina, gravano in modo particolare sull’industria del tempo libero e intrattenimento. E che, almeno in parte, non è stata ‘graziata’ del tutto dalle riaperture del periodo estivo. Poi, la seconda ondata di coronavirus, tuttora in corso nella sua evidente violenza, ha rimandato il ritorno alla normalità. A farne le spese anche le discoteche del paese.

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I dati della Fedra, l’ente di categoria di proprietari e gestori delle sale da ballo, sono chiari. Delle circa quattromila discoteche aperte in tutta l’Argentina prima della pandemia, il 40 per cento ha silenziato definitivamente la musica e un altro 10 per cento si incammina verso la stessa decisione. C’è chi ha tentato la conversione in bar, con capacità ridotte e ridotti introiti, ma in alcuni casi senza garanzia di sopravvivenza.

La stessa Fedra, tuttavia, guarda avanti e chiede collaborazione al governo nazionale e alle varie autorità provinciali, proponendo protocolli per una riapertura in sicurezza. Con poche chance, almeno nel breve periodo: le ultime misure decise dall’esecutivo ‘congelano’ il settore fino al 21 maggio ma con gli attuali numeri si va verso una ulteriore proroga.


Come segnalano gli addetti ai lavori, il protocollo proposto è lo stesso utilizzato nella scorsa estate per i locali all’aperto e una ripresa, anche parziale, delle attività gioverebbe ad altri tre settori strettamente connessi a quello delle discoteche. C’è la gastronomia, l’industria degli spettacoli pubblici e tutto il comparto della sicurezza.

Nel frattempo i costi fissi continuano a gravare sulle imprese ‘della notte’, tra stipendi, costi fissi e canoni di locazione che in alcuni casi sono in dollari, moneta pesante al cambio col peso influenzato dall’elevato tasso di inflazione attuale. E poi c’è il nemico non tante invisibile, locali e feste clandestine dove il popolo della notte, incurante dei rischio, cerca lo storico divertimento.

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