Il coronavirus in Argentina preoccupa di nuovo il paese: i bollettini degli ultimi giorni evidenziano un aumento dei casi. Un ritorno di epidemia, seppure più contenuto rispetto ai numeri dei mesi scorsi. E preoccupato è anche il governo nazionale che ha recentemente ammorbidito le misure di contenimento passando da un regime di isolamento a quello del distanziamento, fino al 31 gennaio.

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Il numero minore di divieti, la riapertura di numerose attività e la complicità dell’estate australe sono alla base dei timori delle autorità politiche e sanitarie. Sono sempre più frequenti gli episodi di assembramenti denunciati e le chiamate alla responsabilità si moltiplicano.

L’aumento dei contagi si sta registrando soprattutto nella città e nella provincia di Buenos Aires. La sola capitale argentina, dall’inizio dell’epidemia lo scorso marzo, conta oltre 175mila casi e 5.888 decessi. Nell’intera Argentina, invece, i contagi sono finora 1.629.594, compresi i guariti, e 43.319 le vittime di Covid-19. È per questo che non si esclude un ritorno a misure più rigide.


L’alert arriva dall’infettivologo Eduardo López, uno dei membri del comitato tecnico scientifico dell’esecutivo. Nel caso in cui dovesse confermarsi il trend di aumento dei casi di coronavirus in Argentina “non si escludono misure restrittive importanti”. L’idea potrebbe ricalcare i provvedimenti adottati, tra gli altri, nei paesi europei, a cominciare dal coprifuoco che, nella fattispecie, “potrebbe scattare alle 22”.

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Una misura di sicuro impopolare, considerando il periodo estivo e i nove mesi di chiusura già vissuti dagli argentini. Il tutto mentre non sono poche le segnalazioni di feste clandestine sia nelle città che nelle località della costa che ormai accolgono i primi turisti.

Nel frattempo prosegue la campagna di vaccinazione, iniziata il 29 dicembre, che ha finora interessati poco più di 32mila operatori sanitari ai quali è stata somministraata la prima dose del vaccino russo Sputnik V.

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Stando ai dati forniti dal ministero della Salute, sono solo 317 i casi di reazioni avverse, tuttavia di lieve entità e che, aggiunge il minsitero, “rientrano nei normali parametri di ogni vaccino”. In quasi la metà di questi casi, si tratta di febbre, cefalee, mialgia menifestatisi tra le sei e le otto ore dopo la somministrazione.

Alla data del 1 gennaio 2021, l’Argentina è tra i paesi a risultare più avanti nelle fasi di immunizzazione, all’undicesimo posto dopo l’Italia in una ‘classifica’ che vede avanti la Cina con 4,5 milioni di persone vaccinate, seguita dagli Stati Uniti con 2,8 milioni, Nella regione latinoamericana è proprio l’Argentina il primo paese con, seguita dal Messico con 25mila dosi e il Cile con poco più di 8.600.

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