Sono già mille i morti per coronavirus in Argentina, mentre nel paese si contano 41.204 contagiati e 12.728 guariti. Il tasso di mortalità per Covid-19 sale così al 2,4 per cento dei casi confermati, mentre l’indice di mortalità è di 21,9 per milione di abitanti. Inoltre, il tasso di incidenza del nuovo coronavirus è di 90,8 casi ogni centomila abitanti, con una età media di 36 anni. Gli ultimi giorni mostrano una crescita della curva pandemica confermando la preoccupazione delle autorità per Buenos Aires e la sua area metropolitana.

Dall’inizio della pandemia, nella capitale si sono finora contati 18.356 casi di coronavirus con 389 decessi, quindi quasi il 40 per cento del numero toale nel paese. Nella provincia di Buenos Aires, invece, i contagi registrati sono 18.573, cresciuti di più di mille nelle ultime 24 ore, con 439 decessi. È per questo che le autorità nazionali, a stretto contatto con quelle provinciali e della città autonoma, stanno valutando il ritorno a misure di contenimento più rigide. Un sostanziale ritorno alla fase uno, almeno nelle aree del paese maggiormente interessate dalla circolazione del virus.

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La quarantema obbligatoria e preventiva in Argentina si sta prolungando dal 20 marzo e, almeno al momento, la data certa di ritorno alla quasi normalità è quella del 28 giugno. Un periodo di oltre tre mesi che sta generando non pochi segnali di stress da parte dei cittadini e del mondo produttivo. Ciononostante, nelle stanze della Casa Rosada non si esclude una ulteriore proroga, oltre la fine di giugno. La certezza, a ogni modo, è che lo stop alle misure non è un momento facile da individuare, e l’economia è allo stremo.


Negli ultimi giorni, sottolinea la stampa argentina, si sono moltiplicati i casi di chiusura delle attività nelle principali strade di Buenos Aires. È per questo che, segnalano gli addetti ai lavori, i prossimi sessanta giorni risulteranno drammatici per l’economia nazionale. Meno produzione, meno vendite, difficoltà nel pagare stipendi e salari, con rischi di ulteriore aumento dei livelli di disoccupazione e povertà. In uno scenario simile anche il governo centrale incontra limiti oggettivi nella reale capacità di sussidiare imprese e lavoratori.

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Secondo la Camera argentina di commercio, l’11,5 per cento delle imprese non esclude di chiudere nei prossimi trenta giorni in assenza di un miglioramento della situazione. Un altro 23 per cento ipotizza un ridimensionamento, licenziamenti inclusi. Ciò vuol dire che nel breve termine l’Argentina potrebbe perdere tra le 40 e 50mila imprese, con ovvie ricadute sui livelli occupazionali.

Un’altra inchiesta, realizzata dall’Unione degli industriali, spiega che per il 38 per cento delle società argentine la situazione non è sostenibile se le restrizioni dovessere durare ancora oltre un mese. Il 13 per cento delle aziende interpellate ritiene quasi certa l’impossibilità di fare fronte ai debiti verso i propri creditori, mentre il 63 per cento dichiara perdita di fatturato oltre il 50 per cento.

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