Sono 20.197 i casi accertati di coronavirus in Argentina con 615 decessi, secondo l’ultimo bollettino del ministero della Salute. Si tratta di numeri contenuti, lontani da quelli di altri paesi sudamericani, Brasile e Perù in modo particolare. Tuttavia, il governo di Buenos Aires ha deciso di estendere ancora la quarantena, fino al 28 giugno. È l’ennesima fase di distanziamento sociale che gli argentini dovranno affrontare e che si protrae ormai da 20 marzo.

Maggiore rigidità impongono le misure in zone del paese come Buenos Aires e la sua area metropolitana e, tra le altre, alcuni distretti delle province del Chaco, Córdoba, Río Negro e Chubut. Sono queste le aree con maggiori contagi. Il resto del paese si avvia a maggiore possibilità di circolazione, esercizio di attività lavorative e ricreative purché rispettando la distanza di sicurezza di due metri.

coronavirus in argentina proroga quarantena 28 giugno

Tra le varie misure previste per le aree a quarantena ‘leggera’ il divieto di assembramenti superiori a dieci persone, sia che si tratti di eventi pubblici che privati, con distanza interpersonale di almeno due metri. La condizione di isolamento preventivo e obbligatorio, il regime più intenso, prevede la prescrizione di restare nel proprio luogo di domicilio con eccezioni per acquisto di beni di prima necessità, lavoro e attività espressamente autorizzate. Resta ancora vigente il divieto di ingresso di stranieri in Argentina così come dovranno osservare quarantena obbligatoria gli argentini che tornano in patria.


Intanto, continuano ad arrivare i dati sugli effetti delle misure restrittive sull’economia nazionale. Causa coronavirus in Argentina, nel mese di aprile l’attività industriale ha registrato un crollo del 33,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2019. Il dato aggregato del primo quadrimestre segna invece un calo del 13,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A trascinare al ribasso l’indice sono in particolare l’industria dell’abbigliamento e delle calzature (-79,1 per cento), quella metallurgica (-70,7 per cento), quella del tabacco (-59,5 per cento), quella tessile (-57,8 per cento), della plastica (-38,5 per cento), e del petrolio (-34,4 per cento).

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