Sono 5.317.633 i casi di Covid in Argentina dall’inizio della pandemia, che ha provocato 116.415 decessi. Si tratta di numeri elevati, che collocano il paese tra i più colpiti nella regione latinoamericana. Il primato negativo è del Brasile, con 22.030.182 contagi e 613.066 morti, mentre la Colombia registra 5.052.733 casi e 128.188 decessi. Messico e Perù, invece, mostrano una nefasta sproporzione, rispetto alla media globale, tra contagi e decessi: rispettivamente, 3.867.976 casi e 292.850 morti, 2.226.656 e 200.931.

L’Argentina è tra i paesi che hanno vaccinato di più in America Latina e i dati del ministero della Salute parlano di 66.125.697 (alla mattina del 24 novembre). Nello specifico, però, sono 28.636.499 gli argentini che hanno ricevuto la doppia dose, mentre 36.161.974 sono fermi a una. Oltre 204mila, invece, quelli ai quali è sstata già somministrata la terza dose.

Nel concreto, non potendo escludere un ritorno del virus nei prossimi mesi, l’Argentina può contare su un alto tasso di vaccinazione anti Covid e sull’avvio della somministrazione della terza dose di rinforzo alle categorie più a rischio. Le autorità sanitarie fanno sapere che circa il 70 per cento dei maggiorenni sono coperti da entrambe le dosi. Ma c’è, anche laggiù, il timore che i non vaccinati, il 20 per cento della popolazione, possano fungere da veicolo di trasmissione. Uno scenario europeo delle ultime settimane, insomma.


Gli attuali numeri giornalieri sono molto contenuti, in linea con la tendenza dei mesi caldi e con media di nuovi casi nelle 24 ore tra i 500 e i 1.100, con pochi decessi. Poco, quindi, rispetto ai 41mila in un giorno nel picco dello scorso maggio durante l’autunno australe, o rispetto ai 780 morti di giugno in un solo giorno. Però l’Europa insegna e sta insegnando e la preoccupazione degli esperti e del governo di Buenos Aires non viene nascosta.

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Il ministero della Salute prepara una intensa campagna di comunicazione e sensibilizzazione: “Non vogliamo che a marzo, con l’arrivo del freddo, possa ricominciare tutto”, dichiara la titolare Carla Vizzotti. È lei stessa a segnalare le ragioni addotte da chi non si presenta agli hub per la seconda dose.

“Perché con la prima hanno avuto dolori o febbre, perché pensano che la pandemia è già passata, non è più un problema. E perché non percepiscono il rischio di non completare lo schema vaccinale”. Anche gli esperti insistono: il ritmo delle vaccinazioni va aumentato, “la terza ondata di Covid con la viariante Delta non ci trovi impreparati”. Sono soprattutto tra i 20 e i 40 anni i più restii a completare il ciclo di immunizzazione, aggiungono.

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