Una donna argentina di 27 anni è morta nell’Ospedale ‘Sanguinetti’ di Pilar (50 chilometri dalla capitale Buenos Aires) per le conseguenze di una infezione dovuta a un aborto clandestino. Il fatto, accaduto all’inizio di questa settimana, è stato reso noto dall’emittente televisiva argentina Tn e, di sicuro, riaprirà le polemiche sorte dopo il ‘no’ del Senato alla legge. Quello di Pilar è il secondo caso in appena una settimana. Pochi giorni prima, difatti, una 24enne è deceduta nell’ospedale della località di San Martín. Già mamma di due figli, aveva deciso di interrompere la terza gravidanza ricorrendo al metodo assurdo del rametto di prezzemolo. Con la conseguenza di una infezione all’utero che, diffusasi rapidamente, non le ha dato scampo. La conferma della giovane donna di Pilar è arrivata dai medici del nosocomio nel quale è avvenuto il decesso, dichiarando che questo è stato conseguenza di “un aborto provocato, non spontaneo”.

Due casi, dunque, che riaprono con forza il dibattito all’interno dell’opinione pubblica che abbiamo visto molto divisa durante i mesi in cui il parlamento discuteva e votata le nuove norme che avrebbero permesso alle donne di abortire legalmente, entro la 14esima settimana, fuori dai casi consentiti dalla legge: gravidanza derivante da stupro e gravi rischi per la gestante. Quello che i favorevoli all’aborto legale chiedevano (e ancora chiedono) è dare alle donne la possibilità di scelta, il diritto di accesso, in tutta sicurezza, a strutture pubbliche.

Si calcola che in Argentina sono 500mila gli aborti praticati fuori dall’ambito legale, e un numero di vittime molto elevato, sebbene le due ‘fazioni’ non siano d’accordo sui numeri. È per questo motivo che quella parte di società favorevole all’aborto legale ha dichiarato che continuerà la sua lotta con ogni strumento a disposizione. E sono anche diversi gli osservatori stranieri convinti che il tema non abbandonerà facilmente l’arena politica e sociale del paese.


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