Due ex dirigenti della sede argentina della fabbrica della Ford e un ex militare sono stati condannati a pene tra i 10 e i 15 anni di reclusione per il sequestro e la tortura di 24 operai durante l’ultima dittatura. Per crimini di lesa umanità, 15 anni sono stati comminati all’ex comandante dell’esercito, Santiago Omar Riveros, 12 anni al responsabile della sicurezza della fabbrica, Héctor Francisco Sibilla, 10 anni al responsabile del settore manifatture Pedro Muller (entrambi, in ordine, nelle foto seguenti).

L’accusa che li ha portati in giudizio, e poi a subire la condanna, è di aver consegnanto al brutale sistema repressivo argentino 24 dei cento delegati sindacali dell’azienda. Erano anni in cui il semplice sospetto di dissenso era represso in ogni modo, sommariamente. La maggior parte dei sindacalisti rimase in cacrere fino a due anni, ma il processo ha messo in evidenza che erano stati torturati già dentro lo stabilimento della casa automobilistica americana.



Una pagina storica per l’Argentina: così il fatto viene sottolineato da chi, dalla fine della dittatura nel 1983, non si è mai arreso nella ricerca di verità e nella richiesta di giustizia. Perché con questa sentenza per la prima volta viene riconosciuta complicità di intenti tra le giunte militari e il potere imprenditoriale con l’obiettivo – attraverso l’uso della violenza e della tortura – di mettere fuori gioco i sindacati e frustrare ogni rivendicazione in termini di diritti.

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Dal canto suo, la Ford sottolinea in una nota che la società non viene citata in nessun passaggio della sentenza di condanna e che ha collaborato con la giustizia in tutte le fasi del processo. Le vittime e le associazioni danno una lettura diversa della decisione: nonostante la responsabilità penale sia personale, la Ford era anch’essa responsabile perché ha permesso ai militari di perseguire e torturare dipendenti all’interno del suo stabilimento.

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