Il progetto di legge sulla legalizzazione dell’aborto in Argentina arriva in discussione al senato, dopo la prima approvazione ottenuta alla camera con 131 voti a favore, 117 contrari e 6 astensioni. A differenza della prima lettura, l’esito della votazione presso il senato federale è considerato incerto.

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I promotori, la maggioranza peronista, teme un epilogo come quello del 2018, quando fu il senato a respingere le nuove norme sull’interruzione volontaria della gravidanza. Stando al peso dei vari gruppi parlamentari e alle posizioni dei singoli senatori già anticipate, in senato dovrebbe esserci un lieve vantaggio del no.

Intanto, anche in questa occasione a ribadire la sua contrarietà è la chiesa cattolica argentina. La Conferenza episcopale del paese ha confermato la sua posizione contraria, sottolineando che, peraltro, non è il momento storico per affrontare tematiche così delicate. “Nell’attuale contesto eccezionale della pandemia non possiamo nascondere il nostro dolore di fronte all’imminente dibattito del progetto di legge dell’aborto”, ha dichiarato il vescovo Oscar Ojea (nella foto di copertina).


La chiesa ha definito “inopportuno” il dibattito sulla legge nel contesto di “una crisi eccezionalmente grave e complessa” che richiede “porre le migliori energie nel risolvere i problemi che urgono oggi”. Di qui l’appello ai senatori “a riflettere serenamente” e “a non rinnegare le loro convinzioni più profonde”.

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La legge attualmente vigente in Argentina consente l’interruzione di gravidanza solo in caso di stupro o rischio per la vita della madre. I sostenitori del ‘sì’, chiedono che possa essere effettuata gratuitamente negli ospedali pubblici, fino alla quattordicesima settimana, anche fuori da quei casi. Dopo questo termine ‘tornano’ le condizioni previste: solo in caso di rischio di vita della madre o il concepito o di gravidanza dovuta a uno stupro.

Al contrario, il testo approvato dalla camera dei deputati sulla legalizzazione dell’aborto in Argentina permette l’interruzione della gravidanza fino alla quattordicesima settimana inclusa. E prevede alcune eccezioni oltre questo limite: nei casi di violenza sessuale, di gestanti minori di 13 anni o di pericolo di vita.

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