Prime stime relative agli effetti dell’ultima crisi economica che sta interessando l’Argentina. Uno studio preliminare elaborato dall’Observatorio de la deuda social argentina della celebre Università cattolica argentina (Uca), stima che un milione e mezzo di persone rischiano di cadere in povertà a causa della brusca svalutazione e dell’aumento dell’inflazione registrati negli ultimi mesi. Secondo la ricerca, la crisi cambiaria scatenatasi a partire dal mese di aprile si ripercuoterà in un aumento di 2-3 punti percentuali dell’indice di povertà, portandolo a circa il 32 per cento già nel terzo trimestre del 2018. “Il momento critico è questo”, ha dichiarato il direttore dell’Osservatorio, Agustín Salvia, nel corso di una conferenza stampa. “Venivamo da una serie statistica che indicava una riduzione degli indici di povertà nel corso del 2017, ma già a partire dal primo trimestre del 2018 si assiste a una inversione di tendenza”. “Nel terzo trimestre si è iniziato ad aggravare il problema, in termini di uno due punti percentuali ed è plausibile pensare che il terzo trimestre registrerà il peggior momento”. Solo a partire dal quarto trimestre questa tendenza potrebbe arrestarsi.

Il miglioramento del quarto trimestre deriverebbe  dalla revisione della scala di aumenti salariali in relazione al livello di inflazione. Attualmente, difatti, la maggior parte dei negoziati sugli adeguamenti delle remunerazioni si è attestata infatti su valori inferiori a quelli dell’inflazione reale generando una sostanziale perdita del potere acquisitivo dei lavoratori dipendenti. L’indice di povertà ufficiale diffuso nel marzo scorso dall’Istituto nazionale di statistica (Indec) aveva registrato una discesa di cinque punti nel 2017 attestandosi al 25,7 per cento. Il risultato era stato celebrato dal governo, secondo il quale la statistica indicava che era stato intrapreso “il cammino corretto”, ma la turbolenza finanziaria che ha prodotto solo nel mese di maggio una svalutazione del 25 per cento della divisa locale rispetto al dollaro, un’inflazione accumulata del 9,6 per cento, oltre agli aumenti delle tariffe, dei servizi di salute, del combustibile, e dei trasporti offre adesso un panorama completamente diverso.

“Si prevedeva un impatto negativo nel primo semestre in base all’ondata di aumenti annunciata, ma la forte svalutazione ha peggiorato la situazione e non permette pensare ad un miglioramento della situazione nel secondo semestre che potrebbe essere addirittura peggiore”, si legge nel rapporto. “L’equazione macroeconomica è cambiata e la svalutazione produrrà un ulteriore aumento dell’inflazione e chissà anche un processo recessivo”, ha aggiunto Salvia. Secondo queste previsioni sono a rischio anche i lavoratori dipendenti che vedranno ridurre il potere d’acquisto dei loro salari. “Difficilmente ci saranno compensazioni per la svalutazione di aprile e maggio e per l’inflazione che ne consegue” e “una situazione ancora più grave si determinerà a livello dell’indice di indigenza, che dovrebbe crescere in parallelo a quello della povertà”.


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