Un nuovo rapporto sulla povertà in Argentina, realizzato dalla Università cattolica argentina (Uca), fotografa l’evoluzione della realtà nel paese dal 2010. Emerge che attualmente, secondo i dati dell’ateneo privato, i poveri sono 18 milioni e 3,3 milioni gli indigenti. E che, dal 2021 al 2022, le condizioni di vita sono peggiorate a causa della fragilità macroeconomica e dell’elevata inflazione. Viene inoltre sottolineato l’importanza dell’intervento dello Stato che, attraverso i piani di assistenza, ha evitato una condizione peggiore.

Povertà in Argentina in aumento, l’ultimo rapporto Uca

Stando ai dati della Uca, nell’ultimo anno la povertà è salita dal 42,1 al 43,1 per cento ma l’indigenza è scesa dal 9 all’8,1 per cento. Tuttavia, fa notare il rapporto, dopo avere raggiunto il picco durante la pandemia la situazione ha cominciato a normalizzarsi nel 2021 con la ‘riapertura’ dell’economia, ma i dati del terzo trimestre dell’anno in corso sembrano mostrare un rallentamento.

Le criticità della macroeconomia non hanno risparmiato neanche gli argentini che hanno un lavoro regolare tra i quali sono aumentati i poveri, così come sono aumentati i percettori dei vari ‘planes’, le diverse forme di sussidio garantite dallo Stato. Questi, però, sottolineano gli esperti hanno avuto anche l’effetto di peggiorare le condizioni del mercato del lavoro.


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Senza l’aumento della spesa sociale, sottolinea il lavoro della Uca, oggi l’indigenza di fatto sarebbe al 19,6 per cento e la povertà al 50 per cento. Ciononostante, viene aggiunto, le cifre spiegate rischiano di essere volatili considerando una inflazione che cresce ogni mese del 7 per cento con i prezzi del paniere dei beni di prima necessità in deciso aumento nell’ultimo anno.

Al di là della fotografia dell’oggi, è la tendenza degli ultimi anni a preoccupare, quasi a spiegare l’impossibilità a frenare questa emergenza sociale, ormai cronica. Alla fine del 2011, difatti, povertà e indigenza erano al 31,8 e al 5,7 per cento. Nel 2019 erano già saliti rispettivamente al 39,8 e 8,4 per cento. con pandemia e quarantena, infine, su fino al 44,7 e 9,8 per cento alla fine del 2020.

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