Aveva fatto notizia la vittoria dei mondiali del 2017 a Buenos Aires, categoria Tango escenario, conseguita da una coppia ‘mista’: la 27enne argentina Agostina Tarchini (di Santiago del Estero) e il 24enne giapponese Axel Arakaki. Eppure, chi conosce bene il tango sa che il Giappone è uno dei paesi che ha una grande passione per il ballo rioplatense. La sua storia nella terra dei samurai ha radici lontane: tutto nasce quasi per caso, come nelle migliori delle storie.

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La tesi ormai accreditata dagli addetti ai lavori punta tutto su un nome: il barone Tsunayoshi Megata. Nel 1920, Megata arrivò a Parigi per sottoporsi a un intervento chirurgico. Nella capitale francese, poi, trascorse un po’ di tempo e lì, tra i locali più in voga dell’epoca, scoprì il tango. Se ne innamorò e imparò anche a ballarlo.

La stessa passione continuò a coltivarla al suo ritorno in Giappone dove portò con sé i brani che più avevano catturato le sue orecchie, tra gli altri, quelli registrati da ‘Le Véritable Orchestre Argentin Tano Genaro’ sotto la direzione dell’argentino, di chiara origine italiana, Genaro Espósito. Ma anche dischi della ‘Orchestra Argentina Bianco Bachicha’, entrambi musicisti argentini in quel tempo residenti nella Ville Lumiere.


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A Tokyo Tsunayoshi Megata aprì una scuola per imparare e ballare gratuitamente e fu soprattutto la aristocrazia nipponica ad appassionarsi a questa nuova sonorità. Con un ‘errore’ non trascurabile: poiché gran parte dei dischi di tango erano in francese, i giapponesi pensarono che si trattasse di un genere musicale tipico dell’Esagono. Ma lo stesso Megata fece chiarezza in modo inequivocabile pubblicando il testo intitolato “Un metodo per ballare il tango argentino”.

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Di là fu un crescendo e, dopo l’area del Río de la Plata, il tango aveva conquistato due paesi: la Francia e il lontano, almeno culturalmente, Giappone. Tant’è che musicisti argentini del calibro più alto come Francisco Canaro e Osvaldo Pugliese, dal 1954, cominciarono a esibirsi con successo nel paese dell’Estremo oriente.

Già in quegli anni, in Giappone erano numerose le orchestre e gli esperti di tango, oltre ai ballerini. Nei decenni successivi, altri grandi esponenti come Astor Piazzolla consolidarono la tendenza. E da allora la passione dei giapponesi per le ‘quejas’ non si è più spenta.

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